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"diario personale" Category

A Guido “Il Flâneur”, per la Poesia regalatami in questi anni


 04 Mar 2016   Scritto da Nunzia

18 Agosto 2010. Era una mattina afosa e soleggiata di quelle che solo la Puglia sa regalare: cielo azzurro a perdita d’occhio, nessuna nuvola, le pareti irradiavano una luce bianca così intensa da accecare, pochi turisti in giro per la città, passi in lontananza. Vento di Scirocco. E’ stato quel giorno che mi sono innamorata delle parole di Guido. No, non della voce di Guido ma delle sue parole. Non so che voce abbia, Guido, ma riconoscerei la sua calligrafia tra mille, so che ama scrivere, so che da anni va in giro per Polignano a Mare a scrivere-cancellare-riscrivere poesie su muri, scale, arredi urbani. In paese lo conoscono tutti, il signor Guido, e di lui si dicono in giro cose contrastanti ma io so che una persona che si fa chiamare “Il Flâneur” – come i decadentisti di Charles Baudelaire – non può che essere una persona speciale. So che un paio di anni fa non aveva neppure più un posto in cui stare. E’ da sei anni che inseguo le sue parole e le immortalo nei miei scatti, raccolgo i pezzi di cuore che dissemina lungo la città e li tengo con me. Guido non lo sa, non sa che so esattamente quando cancella e poi riscrive, non sa che quella frase sulle “farfalle che non contano gli anni ma gli attimi” a me piaceva da impazzire scritta in grande sulla scalinata piuttosto che in piccolo come adesso e che m’è dispiaciuto non trovarla più, non sa che le sue frasi le ho amate, dedicate, fatte mie. Guido non lo sa che vorrei chiedergli se è felice, vorrei sapere cosa lo ha spinto a vivere solo di mare, libertà, pennelli e parole, vorrei mi raccontasse la sua vita, se è stato lasciato o se ha lasciato, se ha amato, se è stato innamorato. La vita di un “Flâneur” la immagino un po’ come la mia: piena di emozioni, di quelle emozioni forti che ti tolgono il respiro e poi te lo restituiscono, piena di scelte dettate dal cuore e di amore così forte da sentire il cuore quasi schizzare fuori dal petto.

A Guido io vorrei dire grazie, grazie per la Bellezza, per la Poesia, per la Magia. Grazie per aver seminato tutto questo incondizionatamente, grazie per ogni singola lettera dipinta, grazie per avermi insegnato che si possono raccogliere frammenti di anima di perfetti sconosciuti e poi rimetterli insieme dopo anni, come nella scena finale di “Nuovo Cinema Paradiso”, come “Il Favoloso Mondo di Amélie” e il suo collezionista di foto-tessere scartate.

Queste alcune delle foto raccolte da me negli ultimi sei anni:


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Lasciarsi andare


 17 Gen 2016   Scritto da Nunzia

Ci rifletto da qualche settimana sulle parole giuste per questo post, frutto dei riassunti degli ultimi anni della mia vita. Alla fine le parole giuste non le ho trovate ma ho trovato le mie, giuste o sbagliate che siano non importa. Non so se capiti anche a voi ma sempre più spesso mi sento ostaggio di un mondo annoiato, di persone incapaci di vivere appieno i propri sentimenti, incapaci di esprimerli. Non è facile essere trentenne in una società di trentenni disillusi, trentenni che non hanno più voglia di sentir battere il cuore, che non hanno tempo per dire “ti amo” e neppure per innamorarsi, che non hanno cura per i propri ricordi, che non vogliono crearne di nuovi e che invece che perdere la strada e la testa perdono persone per strada… pur di non scomporsi. Non appartengo alla categoria del “vorrei non vorrei ma se vuoi”, a dire il vero sento di non appartenere ad alcuna categoria. Amo. Amo molto. Amo con tutta me stessa tutto quello che faccio e tutto quello in cui investo, che sia un’idea, un progetto, una persona. Amo ridere. Ridere con gli occhi ma anche con il cuore. Amo dire e dimostrare alle persone a cui tengo quanto ci tengo, trovo sia un modo come un altro per dire “ehi, lo sai che per me sei importante?”, “lo sai che per me sei una scelta e non un’opzione?”. Ed invece sempre più spesso mi trovo di fronte a muri altissimi e barriere fortificate erette negli anni, difficili da buttar giù, impossibili da scavalcare ed aggirare. Pagare il conto per gli altri, ma perché? E’ come entrare in un ristorante splendido e sentirsi dire “Madame, ehm, ci sarebbero già 3000 euro sul suo conto finale” senza neppure essersi accomodati né aver guardato menù e carta dei vini.


I will make better mistakes tomorrow

Qualche mese fa ho scritto questo post, “Lasciar andare”. Oggi invece cambio la prospettiva e scrivo dell’importanza del “Lasciarsi andare”. L’importanza di essere in grado di vivere tutte quelle emozioni che portino a ridere e poi a piangere senza saper dove finisce un’emozione e dove inizi l’altra, perché le emozioni non conoscono confini, paure, barriere né muri. L’importanza di regalare abbracci, parole dolci, gesti d’affetto, dimostrazioni d’amore. Non esistono paure e, se esistono, allora si tratta sempre e solo di “potrei ma non voglio”. Le emozioni sono come un’onda fortissima arrivata all’improvviso e senza preavviso, come la pioggia Thailandese alle 14:00 del pomeriggio con 30 gradi; la cosa più bella che possa crollarci addosso, sono ancora le poche cose che ci fanno assaporare quel senso di leggerezza misto a libertà, come dopo un orgasmo, come quando ci si bacia dopo aver fatto l’amore come a volersi restituire il respiro, come quando si guarda insieme un tramonto senza dirsi una parola ma è come se ci si fosse detti tutto, come quando ci tremano le mani, la voce, le gambe per un bacio. Come quando sono le quattro del mattino ma resti a scriverle/gli perché ti fa stare bene, perché ti va.

Lasciarsi andare significa sbottonare il cuore, mettersi in discussione. Donarsi.
Perdere l’equilibrio.

Da quanto tempo non provi questa vertigine?

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Di quegli addii che non sono mai per sempre


 20 Lug 2015   Scritto da Nunzia

E così sta succedendo ancora; ancora una volta impacchetto la mia vita e stringo tra le mani un biglietto solo andata, esattamente come dieci mesi fa, esattamente come un anno e mezzo fa, esattamente come quattro anni fa, come sei anni fa, …

Tocco ogni singolo oggetto da impacchettare, perché ho bisogno di metabolizzare il distacco. Sono fatta così, ho bisogno di sentire, toccare, usare le mani, creare un contatto, memorizzare gli odori, ricordare gli eventi, immagazzinare i ricordi. E così, tra lo stridere di questo nastro da imballaggio e De Gregori nelle mie cuffie che canta “Viaggi e Miraggi” guardo fuori dalla finestra e penso che mi mancherà tutto di questa casa, ad iniziare dalle due persone che hanno condiviso con me questi mesi.

Dieci mesi di altre piccole conquiste, dieci mesi che mi hanno vista crescere e cambiare, dieci mesi di nuovi amici e di pezzi di cuore che rimbalzeranno qua e là in questo mondo, tra Turchia, Germania, Inghilterra, Olanda, Francia, …

Dieci mesi in cui ho condiviso con voi questo mio percorso, dieci mesi in cui ho anche un po’ rallentato il blog per dare spazio al resto e per prendermi i miei tempi ed i miei spazi. Dieci mesi in cui vi ho portato con me e in cui spesso siete state voi a tenermi per mano e guidarmi, quando non era facile svegliarsi al mattino e non avere intorno qualcuno della mia famiglia che mi dicesse “andrà tutto bene”.

Chiudo l’ultimo scatolone. Mi guardo intorno, mi preparo un caffè, respiro e sospiro. Questo è proprio un bel lunedì, penso. Uno di quei lunedì in cui metti un punto e virgola e sei quasi alla fine di un capitolo della tua vita: sei eccitato perchè non sai ancora quale titolo dare al prossimo capitolo, né come sarà, né chi incontrerai, né cosa ti insegnerà.

 

 

Ph. Credits @annawithlove

 

Il mio caffè è pronto, piedi penzoloni sulla ringhiera, guardo la città svegliarsi piano dopo la siesta pomeridiana e penso che mi mancherà anche questo: la lentezza degli spagnoli, che è un po’ anche la mia. Non sono fatta per le città frenetiche, mi viene il mal di testa. Sono fatta per quei posti dove la vita può essere vissuta davvero, dove i vicini ti riconoscono e ti salutano perché non sei solo un numero, dove puoi prenderti mezz’ora per bere un caffè con un amico al bar o decidere di non prendere i mezzi ed andare a piedi o in bici. Dove il massimo dell’entusiasmo non è il centro commerciale la domenica quanto piuttosto una passeggiata al mare. Che ci volete fare, io sono pugliese e le abitudini della mia terra me le porterò dietro per sempre…e per quanto sappiate bene io non usi mai questa parola – perchè nulla è veramente per sempre e noi siamo fatti per oggi – so bene che in questo caso posso usarla perchè è e sarà sempre così. Sono nata e cresciuta in quella parte di mondo dove la vita è bella per davvero, dove forse non ci sono tutti i servizi ed i comfort ma a noi non ce ne frega, dove c’è ancora quel profumo buono delle cose semplici, dove il mattino sa di pane appena sfornato e terra arsa dal sole, di fascine d’ulivo da bruciare nei forni a legna e di mani segnate dal tempo che lavorano instancabili, di spighe che brillano come fili d’oro nel vento e chicchi acerbi da cullare tra le viti fino a settembre. Dove coesistono tutte le sfumature di blu e dove spesso non è possibile capire quando finisce il mare ed inizia il cielo e quando l’orizzonte non è più orizzonte ma mare.

 

Ph. Credits @collectivehub

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