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Ciò che doni non è dell’altro ma tuo: è la misura di ciò che sei.

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L'amore è una cosa semplice ma non facile


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"diario personale" Category

Ciò che doni non è dell’altro ma tuo: è la misura di ciò che sei.


 30 Gen 2018   Scritto da Nunzia

30 Gennaio 2018, pagina di diario.

Sono sempre le nostre aspettative quelle che ci feriscono, non gli altri. Pensateci: quante volte avete inviato (dopo averci tanto riflettuto) un messaggio d’affetto a qualcuno e la risposta superficiale vi ha ferito? Quante volte avete riposto in qualcuno le vostre attenzioni per poi scoprire che per l’altro voi eravate su un piano differente? Crescendo ho imparato che non è colpa dell’altro, ma nostra. Sono le nostre stesse aspettative a ferirci, non le parole o i gesti di chi abbiamo di fronte. Nell’esatto momento in cui ci aspettiamo qualcosa mettiamo l’altro/a nella condizione di poterci svelare questa verità, questo nostro limite. E in questo circolo di schegge e scudi la soluzione non è il disamore né l’indifferenza. La soluzione non è indossare una corazza. L’unico modo è imparare a dare, donare, senza aspettarsi qualcosa. Perché quello che doni incondizionatamente non è dell’altro ma tuo: è la misura di quanto ami, è la misura di ciò che sei. Una delle sfide più grandi della vita.

 

Così, su un taxi che mi riporta a casa, mentre fuori piove e un po’ anche dentro, penso che sarebbe tutto più semplice se potessimo imparare ad essere come le gocce d’acqua sui vetri: prendono sempre il percorso con opposizione minore. Invece siamo umani, fallibili, fragili: per chi “sente”, per chi non vive sulla superficie delle cose, non esistono percorsi con opposizione minore.
Oggi io ho fallito.
Ma mentre fallivo imparavo l’arte di vivere, amare, donare.

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L’amore è una cosa semplice ma non facile


 09 Gen 2018   Scritto da Nunzia

“L’amore è una cosa semplice ma non facile”, lo scrivevo sul mio blog il 10.05.2016, qualche giorno dopo aver capito che no: non esistono amori difficili o impossibili, esistono persone che hanno o che non hanno il coraggio di vivere appieno quel dono ricevuto. Sì perché in ogni caso l’amore é sempre un dono e come tale va trattato: va difeso, protetto, bisogna prendersene cura. E non si scappa, non si può scappare, siete mai riusciti a scappare da voi stessi?! Non è neppure polvere da infilare sotto al tappeto: va affrontato, va guardato negli occhi fino ad arrivare a dargli del Tu. Anche quando fa male. Anche quando qualcuno ci fa a pezzi il cuore e con quel che resta ne fa spremute. SEMPRE. SEMPRE VALE LA PENA AMARE SENZA RISERVE. Nessuno incrocia il nostro cammino per caso: siamo tutti sulla strada degli altri per una ragione: c’è un momento della nostra vita in cui dobbiamo incontrare esattamente quella persona e quella persona si fa la risposta alle domande che la vita ci pone da tempo. Allo stesso tempo noi siamo per lei/lui la risposta. C’è chi ignora le domande, c’è chi si nasconde dietro scuse, chi ha paura di guardare in faccia il fatto che il tempo cambia le cose, c’è chi invece non ha paura di correre il rischio e di saltare. Già, al di là di tutto, è di un salto nel vuoto che si tratta: ci si schianta o si decolla. Amare vuol dire lasciare che l’altra persona ci metta le mani sul cuore, lo spogli da ogni paura, da ogni difesa, e ne abbia cura sempre, anche quando sarà un po’ ammaccato dalla fatica del tempo, anche quando ci saranno giorni senza parole nuove e notti da dimenticare. Per questo non biasimo chi non se la sente o non si è sentito all’altezza di tale compito. Per questo vi invito a perdonare. In tanti si limitano a farsi compagnia, in tantissimi si sentono responsabili per se stessi e per gli altri o sentono gravare il peso di scelte fatte quando non si aveva ancora la maturità per poter fare una scelta per la vita. La felicità è una responsabilità che non si può delegare: amate sempre ma sappiate anche quando è il momento di andare via.
Non si può smettere di amare, ma si può smettere di aspettare.
Vi bacio. 

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Casa d’altri: quando sbirci alla finestra di una casa che conosci


 31 Ago 2017   Scritto da Nunzia

Questa è una pagina di diario personale. Sedetevi comode e immaginate di leggere i pensieri scritti sul diario di un’amica, pensieri sparsi che trovano spazio su una pagina bianca perché troppo pesanti da poter restare in un cuore solo.

Stamattina ho ricevuto un commento sotto una mia foto di Instagram. Niente di diverso da quello che succede nella mia vita ogni giorno, direte: vero. So già a cosa state pensando: ecco, è successo di nuovo: le è capitato qualcosa che la porterà a riflettere sui massimi sistemi del mondo. Sì, sono fatta così. Quel commento mi ha ricordato che era un po’ di tempo che non leggevo il nickname di quella ragazza sul mio profilo: ho sempre avuto una spiccatissima memoria visiva, non conosco a memoria neppure il mio codice fiscale ma potrei ricordarmi di quell’insegna vista 10 anni fa in una stradina sperduta di un paesino in montagna, per intenderci. Così sono andata a curiosare: foto di lei col suo piccolo bambino di due anni, foto di suo figlio che mangia, foto di suo figlio con suo marito, e poi una foto che ha catturato la mia attenzione e che mi ha spinto a leggere una lunga didascalia: Maria (nome di fantasia) si è ammalata di tumore.

 

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Quella era una foto di lei felice poco prima del suo matrimonio, in cui raccontava di quanto la vita possa esser meravigliosa e crudele allo stesso tempo. 

Non ho potuto esimermi dal chiederle come stesse. Sono una sconosciuta che è andata a curiosare in casa d’altri per caso, che ha sbirciato attraverso un vetro appannato e in punta di piedi, ma che a un certo punto non ha potuto fare a meno di bussare, chiedere di entrare, domandare come stesse la padrona di casa. Perché se è vero che il tumore è il male del secolo è altrettanto vero che l’indifferenza non è da meno ed io nella vita ho scelto di non voltare mai il viso dall’altro lato. Maria mi ha scritto in privato dopo la mia domanda. Mi ha raccontato della mastectomia al seno subita neppure un mese fa, della strada in salita, della voglia di essere forte per se stessa e per quel bambino che ha i suoi stessi occhi grandi. 

 

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Io non conosco la vita di Maria ma come Maria sono una donna. Non sono ancora madre perché ho ancora tanto bisogno di sentirmi figlia ma come molti di voi là fuori ho perso un pezzo del mio cuore perché un tumore me l’ha portato via, un tumore che per anni ha tenuto la mia famiglia sospesa su un filo che oscillava tra una camera sterile di ospedale e il letto matrimoniale di una casa che adesso non esiste più. Non riesco ancora a raccontarlo, perché il dolore ha i suoi tempi e a volte resta incastrato tra le costole e il cuore senza uscire mai. Tante volte nella vita diciamo “addio” a parole, alle persone, ma quando “addio” vuol dire lasciarsi per sempre, salutarsi nel silenzio di una mano gelida e inerme, quell’addio lo senti fino nelle vene e nel sangue e ne capisci il vero significato. E a me fa ancora male, molto male, malissimo, il cuore.

“Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso” è una delle citazioni che più mi piacciono. É di John Donne ed è stata poi ripresa nel titolo di un bellissimo libro omonimo che vi consiglio di leggere, di Thomas Merton. Lo sapeva anche Ernest Hemingway che “nessun uomo è un’isola”, quando ha preso in prestito parte di quella poesia per il suo romanzo “Per chi suona la campana”. La campana suona per tutti noi, perché siamo tutti in connessione gli uni con gli altri e l’individualismo si ripercuote non solo su ciò che ci circonda ma sul mondo intero. Tu che tipo di umano vuoi essere? La differenza sta sempre nel modo in cui ci rapportiamo agli altri, nelle emozioni, nelle relazioni che instauriamo. Nelle attenzioni, piccole o grandi che siano.

 

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“…me le prendo tutte queste energie positive. A volte basta davvero un gesto, una parola, e il corpo e la mente sentono un brivido di euforia che li attraversa. Grazie, Nunzia, un bacino da noi due fino a te” è stata parte della sua risposta al mio secondo messaggio. Sono una sconosciuta che è andata in casa d’altri a sbirciare dalla finestra ma quella casa è stata anche casa mia per tanto tempo, purtroppo in tanti ci siamo trovati ad entrare tra quelle mura di incertezza e speranza.

A Maria, perché possa arrivare in cima a quella salita e iniziare la discesa, e a tutti quelli che stanno vivendo lo stesso calvario.
A chi ci è rimasto tra le costole e il cuore e a tutti quelli che sbirciano dalla finestra: tutti possiamo fare la differenza anche solo con una parola, con un messaggio, con un abbraccio, con una telefonata, con una visita.

Non risparmiamoci mai sull’affetto, sull’amore, mai.

Nessun uomo è un’isola.

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All’unico amore che conosco


 09 Mag 2017   Scritto da Nunzia

All’amore ubriaco di sé, quello che ti sveglia nel sonno perché ha sete di baci, quello che non lascia il tempo ai vestiti di posarsi altrove se non sul pavimento, quello che rende insonni, che fa i buchi nel cuore, che esplode in mille schegge di vetro come fuochi d’artificio nella notte. All’amore che va via con uno zaino pieno di sassi, deciso a non voltarsi più, ma poi ritorna leggero come la brezza di mare e soffia sulle ferite, fa sbocciare i fiori, spalanca le finestre su una mattina di sole tra tende di lino e persiane azzurre. All’amore che morde le labbra, muove le dita sulla schiena come sul profilo di un’arpa, sospira sul collo e pronuncia il nostro nome mentre ci restituisce il respiro durante un’apnea nel piacere. All’amore che sa di miele e sale, che brucia fuori e dentro ma sempre lenisce. All’amore che ci fa a pezzi ma ci rende interi. All’amore che ci abbandona alla deriva in mare aperto e poi si fa rotta da seguire per arrivare fin dove il cuore sa arrivare. Fino ai confini dell’anima.
Isola, porto e stella: tu.
All’unico amore che conosco.

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Come il mare dopo l’inverno


 12 Feb 2017   Scritto da Nunzia

Capitano periodi, settimane, giorni, in cui non ci sentiamo all’altezza, in cui non riusciamo a trovarci, a piacerci. Giorni in cui ci guardiamo allo specchio senza riconoscerci, come se l’anima fosse altrove, sgattaiolata via senza far rumore e senza avvisare, senza una ragione. Capitano giornate in cui l’unico desiderio è restare spente, anche se l’interruttore chissà dov’è e anche la luce più fioca stropiccia e abbacina gli occhi. Quei giorni in cui non ci perdoniamo di essere quello che siamo, in cui gli errori recidivi pesano più di altri e fa male il cuore, in cui sull’altalena degli sbalzi d’amore c’è scritto “accomodati, ti aspettavo” e ci possiamo sedere senza neanche pagare il biglietto. Su, giù, su, giù, per ogni volta che abbiamo creduto di poter toccare il cielo ci aspetta un fondo più profondo da raschiare, quasi come fosse una tacita regola della vita. Su, giù, su, giù, fino a quando qualcuno ferma l’altalena e, prendendo il nostro viso tra le mani, ci guarda negli occhi come si guarda il mare la prima volta dopo l’inverno: come una meraviglia. È quello il momento in cui possiamo piangere e persino perdonarci, il momento in cui il cuore fa meno male e la vita meno paura perché qualcuno ci sta dicendo “io sono qui, sono qui per te. Con te” e c’è davvero, ci bacia le lacrime ed è esattamente come il mare la prima volta dopo l’inverno: una meraviglia.

 

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Il primo pensiero fuori dai sogni


 23 Gen 2017   Scritto da Nunzia

Sai? Ogni tanto mi ritrovo tra le dita qualcuno dei nostri sospiri, li abbiamo perduti in un tempo senza tempo, in una di quelle notti sbagliate passate a fare la cosa giusta mentre con gli occhi ci chiamavamo Amore e con le bocche dimenticavamo i nostri nomi pronunciando parole nuove. Restano là, a ricordarmi che esiste un posto dove sono stata veramente felice: tra le tue braccia, ma non ricordo più la strada per arrivarci perché mi sono persa mentre mi allontanavo da te. Camminavo in avanti guardando indietro, per essere sicura di vederti diventare sempre più piccolo in lontananza, sempre più piccolo, sempre più piccolo fino a scomparire. Quello che ignoravo è che lontananza e assenza non sono sinonimi. Tu potrai essermi lontano ma sei presenza, sei nel primo pensiero che mi tira fuori dai sogni al mattino, sei in una canzone distratta, sei il pensiero felice che associo alla parola carezza, sei il profumo del mare e quello del bucato. Sei un brivido lungo la schiena quando la pelle si increspa e il cuore scende nello stomaco. Sei Tu.

Ed io, che mi sono persa seguendo la rotta per perdere te, ho dormito chiusa fuori da me stessa senza aprire quando bussavo, neppure quando fuori da me era troppo freddo persino per respirare.
“Smettila”, mi dicevo.
Poi mi sono svegliata, tu eri ancora nel primo pensiero che mi ha tirato fuori dai sogni e il buongiorno me l’ha dato l’amore, che aveva il tuo nome.

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Il tempo è il dono più prezioso e non è per sempre


 17 Gen 2017   Scritto da Nunzia

E’ tornato. E’ tornato più forte, pesante, insostenibile che mai: il peso del cielo. E’ arrivato stamattina, scorrendo la home di facebook come faccio ogni mattina. Stamattina pioveva e, improvvisamente, è iniziato a piovere anche dentro me quando ho scoperto che una persona non c’era più. Non una mia amica, non persona che frequentavo ma una di quelle donne che mi scelgono come un modello da seguire e io non so neanche perché e a volte non mi sento all’altezza. A volte i complimenti imbarazzano, altre volte lusingano, altre ho pensato di non meritarmeli. Vicky aveva solo vent’anni, mi scriveva spesso, mi chiedeva consigli sulla fotografia, amava moltissimo – in particolare – un mio pezzo su questo blog e spesso lo riproponeva, quasi a volersene ricordare sempre.

Vicky non c’è più.

E oggi scopro che mi ha scritto per l’ultima volta qualche settimana fa: “Ciao Nunzia, come stai? Hai da dedicarmi un minuto? Vick”. Io non ho mai letto, prima di oggi, non ho mai risposto. Mi dico sempre che prima o poi recupererò tutti i messaggi che attendono una risposta ma ho rimandato troppo. Ho letto oggi quando ormai è tardi e non saprò mai cosa volesse chiedermi, cosa volesse dirmi. Magari voleva confidarmi che stava male, magari voleva chiedermi un consiglio fotografico o un parere sulle sue fotografie, magari voleva complimentarsi con me come spesso faceva o voleva raccontarmi ancora del suo sogno di diventare giornalista di moda. Vicky era fragile, aveva bisogno di essere incoraggiata, spronata, incitata. Vicky lottava ogni giorno contro i suoi fantasmi. 

Io non c’ero.
Ero probabilmente a sprecare il mio tempo, ero troppo impegnata a dare da mangiare alle mie illusioni, ero a chiedere appuntamenti a qualcuno che non voleva avere tempo per me oppure ero a perdermi in bit superficiali e vuoti.

 

E se ogni persona, ogni anima, che incrocia il nostro cammino e sfiora la nostra vita ci insegna qualcosa e ci illumina come fanno le stelle allora oggi Vicky mi ha dato una lezione: mi ha insegnato che il tempo è il regalo più prezioso che possiamo fare a qualcuno. Me lo insegna tra il senso di colpa e quel nodo alla gola di quando le lacrime restano incastrate tra gratitudine e inadeguatezza. 

Grazie, piccola grande Vicky, ovunque tu sia: so che abbiamo solo cambiato frequenza.
Ho voluto regalarti una pagina in questo spazio virtuale che amavi tanto.
Scusami, se puoi.

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#DicembreFelice #5 – Fidarsi della vita e prendersi tempo


 06 Dic 2016   Scritto da Nunzia

Quando mi sono trasferita a Milano non sapevo quanto sarei rimasta. O meglio, lo sapevo: fino a luglio 2016. Mi ero data 4 mesi per capire se era davvero quello che volevo. Arrivavo da un anno all’estero, varie cose stavano cambiando nella mia vita lavorativa e privata, tutto era in disordine. I primi mesi sono stati bellissimi, anche perché avevo il cuore leggero e la testa per aria, poi sempre più complicati, due traslochi in 40 giorni, non trovavo la casa che cercavo, il lavoro che si accumulava, i viaggi da mettere in agenda, i pressing, i progetti da consegnare, … mi sentivo come in una centrifuga, con la testa che girava forte e senza un posto che fosse davvero mio o quasi. A volte mi è mancata l’aria. Così mi sono presa del tempo, del tempo per me: per circa due mesi non sono partita ed ho rallentato, dovevo rimettere a fuoco le priorità. Ho iniziato a scrivere (non solo sul blog), perché troppe erano le emozioni, le delusioni, le aspettative, le gioie, … e non riuscivo a contenerle tutte in un solo cuore. Scrivere mi aiuta a decantare le emozioni, la fotografia a fissarle.

Ieri passeggiavo da sola per Milano e, forse per la prima volta da quando vivo qui, mi sono sentita a casa. Quel sole riflesso sui grattacieli di Isola mi è arrivato dentro e mi sono tornati in mente i mesi precedenti, quando spesso mi ritrovavo a piangere perché non sapevo se restare, se andare, se andare altrove, conscia di aver trovato e di aver dovuto lasciare andare il mio posto nel mondo e che questo posto non era una città. All’improvviso mi è tornato in mente il periodo in cui non avevo risposte alle mie domande ma solo dubbi e incertezze. Alla fine, se ti dai del tempo, le stelle tornano sempre a brillare per te e ad illuminarti la via, nonostante il disordine: basta non perdere mai l’atteggiamento di chi si fida della vita. Se guardiamo il bicchiere mezzo vuoto non saremo mai grati per quel che c’è in quel bicchiere, non saremo mai grati nei confronti di chi ci ha versato da bere. E se accanto hai amiche meravigliose che gonfiano di elio il tuo palloncino a forma di cuore, quando perde quota, puoi planare sulle cose dall’alto e vederle nella loro pienezza. Fa niente se non sai mai dove passi il tram numero 3.

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