Ci sono cose che non comprendo. Molte cose. Da quando ho iniziato a considerare il blogging il mio lavoro, o meglio, da quando il blogging è diventato il mio lavoro, mi capita sempre più spesso di imbattermi in questioni e situazioni che non riesco a spiegarmi e che non riesco a comprendere. Conoscete tutti la Classifica di Les Cahiers dei 100 fashion blog più seguiti in Italia, sì? E’ una classifica che viene stilata mensilmente da persone che lavorano nel settore del marketing e che ha una certa valenza a livello nazionale e internazionale. Che piaccia o no, che lo vogliate o no. E’ così, questo è lo stato dei fatti. Moltissime aziende la usano per lavoro, cercano tra quei nomi i blog da contattare per le collaborazioni, vuoi perché si ha poco tempo e voglia di cercare, vuoi perché se si può avere una lista già stilata, perché cercare oltre? Bene. Faccio una premessa: io sono sempre stata felice di fare parte della classifica, anche perché quando ne facevo share (prima che diventasse a pagamento, poi ho smesso perché per me una classifica che vive soprattutto grazie agli share dei blogger non può diventare a pagamento) i miei lettori si sentivano orgogliosissimi e mi manifestavano tutto il loro affetto. Sono stata felice di esserci da aprile 2012 a ieri. Parlo al passato perché da ieri non ne faccio più parte. Ma procediamo con ordine. All’inizio, più di un anno fa, questa era – secondo me – una classifica genuina, un agglomerato di blog di un certo tipo, accomunati dallo spirito comune di fare informazione e farla nel migliore dei modi possibili. Con il tempo è arrivato lo sciacallaggio del blogging, che nel frattempo è stato deriso, violato e deturpato della sua condizione originaria. E’ successo che tantissimi/e spiantati/e hanno fiutato la possibilità di fare soldi facili e di ricevere molti regali grazie al blogging. Ed allora via: 10-100-1000 nuovi blog al giorno, nati come copie di altri blog in tutto e per tutto. Persino il mio è stato copiato. Se vi dicessi che una neo-blogger si è appropriata del mio header personalizzato, disegnato appositamente per me a mia immagine e somiglianza, capireste il disagio nel trovarsi di fronte queste persone del tutto improvvisate, che credono basti una connessione ad internet ed un dominio free per definirsi “blogger per professione”. Se gli chiedi se fatturano con ritenuta d’acconto, vedi il vuoto cosmico nei loro occhi; se gli chiedi se sanno cos’è una partita iva, le balle di fieno rotolano. “Blogger per professione”, ehm, sì, certamente, la professione degli altri. Io bloggo dal 2007 e dal 2010 ho iniziato a scrivere su una fanpage, portandola a 100.000 contatti per poi cederla. Solo dal 2011 però ho dato vita a questo spazio condiviso con tutti. Prima scrivevo, scrivevo, scrivevo…ma era solo per pochi. Il punto è che noi old school eravamo genuini, puliti. Non abbiamo creato i nostri spazi con “l’intenzione di…”. Tutto quello che è arrivato è arrivato col tempo, piano piano, dopo tanti sacrifici e tanto lavoro per farsi conoscere ed apprezzare dai lettori. Adesso il blogging è visto quasi come una scorciatoia, come il modo più veloce per arrivare a fare le starlette. Una volta c’era Boncompagni, adesso ci sono Blogspot e WordPress, che è un po’ la stessa cosa proiettata nel 2013 e nell’era di internet. Tutto questo per riagganciarmi alla classifica, che all’inizio era più selettiva, pulita. C’erano blog come Frizzi Frizzi, Bobos, Trend & The City, … blog o blogzine di un certo spessore, scritti con cognizione di causa. In principio i blog in classifica erano 10, poi 20, poi 50, poi 100. Una trovata pubblicitaria, sì, perché il bacino di utenti raggiungibile con 100 condivisioni è sicuramente maggiore di quello raggiungibile con 10 o con 20 share. Fin qui tutto nella norma: è business, ci sta.
Poi sono arrivate le prime restrizioni, perché sempre più blogger chiedevano l’inserimento. Blogger che avevano aperto il blog una settimana prima, ve-lo-giuro (sempre per riagganciarmi al discorso precedente). E’ stata allora inserita la parte dedicata alle F.A.Q., che dice tutto e il contrario di tutto e viene aggiornata in base alle necessità del mese in corso.
Sono stati cancellati i blogger appartenenti al circuito di Grazia.it, sono stati cancellati i blog-zine. Hanno iniziato a fare la loro comparsa i peggiori blog di Caracas e di lì la decadenza completa. Non mi interessa esaminare la validità della classifica, anche perché per dimostrarlo avrei bisogno di grafici alla mano, grafici che non possiedo. Mi sono sempre fidata dei parametri più o meno oggettivi riportati sul sito, ovvero dati Alexa (che tanti ancora non conoscono), tempo di permanenza sul sito, numero di pagine viste per utente, tasso di abbandono e così via. Alla fine, di quella bella classifica che ci faceva sentire orgogliosi è rimasto ben poco. Non ci siamo più neppure noi, gli insider da anni, non ci sono i blogger che negli anni si sono distinti per il loro lavoro di web editor o di fashion blogger. Non ci sono tantissimi blog validi che rientrerebbero sicuramente se solo venisse scremato un buon 70% di quella lista. L’apoteosi è stata raggiunta ieri, come ha segnalato Laura Manfredi: il blog in seconda posizione (nulla di personale, sia chiaro) ha il contatore delle visite pubblico. Bene, com’è possibile che un blog che ha 80.000 visualizzazioni totali dall’apertura del blog – tra l’altro blogspot conteggia anche le proprie visite – sia in seconda posizione?
Io, Sabrina Musco e Alessandra Pepe siamo state escluse, un po’ come gli it-blog di Grazia.it, perché il nostro sito presenta adesso l’intestazione di un editore, ovvero fa capo a Leonardo.it, che ci ha accolte in questa grande famiglia per iniziare un percorso di crescita, insieme. Leonardo ADV attualmente si occupa della raccolta pubblicitaria sui nostri siti. Inoltre c’è stato un periodo in cui nella sezione F.A.Q. si specificava che sarebbero stati esclusi blog con un team di fotografi, uffici stampa, segretari, ghost writers al seguito. Adesso questa parte non esiste più. E’ stata ri-aggiornata in base alle esigenze del mese. Quindi, ricapitolando: sono esclusi i blog gestiti autonomamente dal singolo blogger senza l’aiuto di nessuno né di agenzie, solo perché il blogger in questione ha deciso di monetizzare il traffico in entrata sul proprio sito. Non sono esclusi blog gestiti da dieci persone diverse, ognuna con un suo compito; non sono esclusi blogger che non hanno nulla a che vedere né con il fashion blogging né con l’essere fashion editor. Tutto molto chiaro, no? Soprattutto bilanciato, direi.
Io ringrazio Les Cahiers per aver ospitato il mio blog in un posticino sulla classifica, sempre in alto. E li ringrazierò sempre. Ma chiedo anche di dare, insieme a noi, un chiaro segnale: basta con questa #fuffa, basta con questo violentare il blogging. In questo modo si diventa complici consapevoli. Sogno una classifica come quelle di due anni fa, con i colleghi migliori presenti sul web, dove ognuno poteva guardare all’altro con un enorme senso di approvazione e ammirazione. Sogno di rivedere Bobos, Frizzi Frizzi, i blog delle sorelle Grispo, i blog delle bellissime It-Girl di Grazia.it. Mi piacerebbe rivedere in classifica Alessandro Masetti, insieme ovviamente a tutti i bravissimi colleghi che stimo e che leggo quotidianamente, moltissimi dei quali sono già presenti e ai quali auguro il meglio, sempre. Non vorrei più vedere grafiche pessime, contenuti imbarazzanti, foto scattate a caso, orrori grammaticali. Noi stiamo lottando per fare in modo che il blogging riacquisti la dignità perduta, PERCHE’ IL BLOGGING E’ IL NOSTRO LAVORO, ma in questo modo non è facile. Iniziamo a scindere i fashion-lifestyle blog dai blog di accattoni. Scindiamo i siti professionali dai siti approssimativi. Le starlette non sono web editor, le lasciamo a casa ad avere come unica preoccupazione le foto-selfie. Il problema non è la classifica, anche se di per sé una classifica presume competizione, competizione che può essere sana nel caso in cui tutti siano al pari livello; il punto è che quella che era una bella idea adesso si è persa per strada, purtroppo. E ovviamente non manca lo sciacallaggio, ovvero copie su copie di fantomatiche classifiche stilate da siti di dubbio gusto e dall’italiano non pervenuto.
Io spero che il team di Les Cahiers legga. E che rinsavisca.
Altrimenti la loro bella idea si trasformerà sempre più in “…quel che resta dopo la scrematura dei blog più seguiti”, perché è ovvio che sempre più blogger si affideranno a concessionarie per monetizzare le visite. Resteranno solo la Ferragni, inchiodata al primo posto (che serve a L.C. come scudo per legittimare la classifica), qualche ragazzina-selfie new entry che durerà quanto un gatto in autostrada e poi, subito sotto, blog con 1000 visite totali al mese (eddai, su, ma che davvero?).
Credibilissima come cosa.
Tutto questo NON E’ CORRETTO nei confronti di chi blogga per lavoro.
Tutto questo ci danneggia e danneggia l’intera categoria.
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